Incapaci di successo (3).

INCAPACI DI SUCCESSO IN TELEVISIONE

La tv generalista italiana, più deprimente di un film dei fratelli Vanzina, è altamente consigliata alle persone che soffrono di stitichezza. Trovare un programma guardabile equivale a vincere alla lotteria senza comprare il biglietto. Pertanto ci sembra giusto dare un suggerimento agli anziani che ancora si ostinano a guardarla: molto meglio seguire i lavori stradali. Perché almeno nei cantieri non c’è la pubblicità. Fuori classifica per motivi di pura decenza Mario De Filippi e Maurizia Costanzo, i maggiori responsabili di un degrado che non conosce Limiti. E nemmeno Antonio Ricci. Ma ecco la nostra top five.

5) Alba Parietti/Valeria Marini. Non sanno cantare, non sanno recitare, non sanno ballare, hanno una cultura da Scuola Radio Elettra e se la tirano come e più di Mourinho. Tutte qualità molto apprezzate nel mondo capovolto della tv italiana. Qualcuno maligna che le due presunte soubrette abbiano perso molti soldi al Casinò. Poi si sono rifatte.

4) Amadeus/Carlo Conti/Fabrizio Frizzi. Una volta c’era Mike Bongiorno, l’unico che riusciva a dare un senso al quiz. Adesso ci sono Carlo Conti, Fabrizio Frizzi e Amadeus, tre tizi che, in un Paese serio, al massimo potrebbero presentare le loro scuse ai telespettatori. Messi insieme non riescono ad eguagliare il carisma di Scilipoti. Proprio per questo fanno da traino al tg1. Tra l’altro è difficile distinguerli. Siamo sicuri che non siano la stessa persona?

3) Fabio Caressa. Le sue telecronache ansiogene abbinate a quell’aria da nerd di borgata, hanno convinto molti fanatici del calcio a spostare il loro interesse verso il curling. Racconta la partita come fosse un radiocronista, dimenticando un piccolo particolare: le duemila telecamere presenti sul campo consentono allo spettatore, mediamente più competente di lui, di vedere anche i replay dei peli superflui di Quagliarella e Biondini. In un altro Paese, uno così sarebbe stato obbligato a nascondersi dentro le sopracciglia di Bergomi, invece l’hanno promosso direttore di Sky Sport. Come se qualcuno invitasse Valerio Scanu al festival di Woodstock.

2) Barbara D’Urso. I suoi programmi sono molto richiesti. A Guantanamo. E’ la signora delle lacrime pomeridiane. Prefabbricate. E delle interviste in ginocchio a Renzusconi, il mostro politico che ha portato l’astensionismo al 50%. E’ la degna espressione di un Paese che rimpiange ancora Wilma Goich, Toto Cutugno e Alvaro Vitali.

1) Ilaria D’Amico. Non capisce nulla di calcio, non sa parlare, pone agli ospiti domande meno ficcanti di un discorso di Luca Giurato, eppure è riuscita a ritagliarsi un posto da protagonista nella tv satellitare. Perché in Italia la bella presenza conta mille volte più della competenza. L’abbiamo messa al primo posto perché, rispetto alla D’Urso, gode di buona, anzi buonissima stampa. Meno male che l’amico del tabaccaio ha provveduto a metterla incinta. Dando l’opportunità alla simpatica signora di svolgere il lavoro che le riesce meglio: fare la compagna di Buffon.

Incapaci di successo (2).

INCAPACI DI SUCCESSO NEL CALCIO

Stendendo un velo, più o meno pietoso, su Tavecchio, Beretta ed i tanti dirigenti – sempre gli stessi – che stanno al football come Rosanna Fratello sta alla musica, proviamo a scovare i casi più clamorosi di incapaci di successo. Ovviamente fuori classifica Cassano e Balotelli, meno colpevoli di chi ha avuto l’acume di metterli sul piedistallo.

5) Mattia Destro. Ha più tatuaggi che goal all’attivo. Eppure, come Figaro, tutti lo vogliono e tutti lo cercano. Anche una fortissima squadra spagnola. Che però vorrebbe ingaggiarlo giustamente come barbiere. Di Siviglia.

4) Riccardo Montolivo. Passa ancora per giovane promessa, anche se è quasi coetaneo di Pippo Baudo. La sua regia illuminata è una garanzia: per gli avversari del Milan. Ultimamente passa più tempo in infermeria che in campo: l’altro giorno si è infortunato giocando alla Play Station con Abate.

3) Andrea Stramaccioni. L’Udinese gli ha appena intitolato una strada: via Stramaccioni. Lui non ha fatto una piega, trovando subito lavoro a Fox Sports. Come soprammobile. Quando spiega con aria professorale il suo 3-5-2, anche i gondolieri di Venezia cambiano canale.

2) Claudio Ranieri. Il principio per cui qualsiasi cosa possa andare male lo farà, – meglio conosciuto come Legge di Murphy – è ispirato alla carriera del noto allenatore (?) romano. Una sciagura vivente. Gli danno in mano una Mercedes e lui la trasforma in una Multipla. Gli danno in mano una Multipla e lui la trasforma in un’Octavia. Come il piazzamento che ottiene in classifica. Quando va bene.

1) Zdenek Zeman. Primo posto inevitabile come il plastico di Bruno Vespa. Ormai, per avere qualche punto, deve recarsi al pronto soccorso. I suoi estimatori, un tempo numerosi, sono spariti dalla circolazione come i soldi di Cecchi Gori. Naturalmente i presidenti che hanno esonerato Zeman avrebbero tenuto il boemo a vita nonostante i disastri combinati in panchina. Se è stato invece licenziato in dieci occasioni, la colpa è solo di Luciano Moggi, l’uomo che ha impedito a Zeman di seguire le orme di Rinus Michels e Sir Alex Ferguson. Intanto si profila all’orizzonte l’undicesimo tonfo, con la canzone di Ivan Graziani (Lugano addio) che impazza su Youtube.

Incapaci di successo (1)

Incapaci di successo (1).

Qualcuno li definisce sopravvalutati, io preferisco chiamarli incapaci di successo. Sono quei personaggi che, pur avendo meno talento di Jimmy il fenomeno, sono comunque riusciti a costruirsi un’immagine sfruttando le zone d’ombra di un Paese che ha sempre rinnegato la meritocrazia. Raccomandazioni e agganci politici aiutano a superare la linea dell’anonimato, ma non bastano a spiegare certe carriere. Probabilmente c’è dell’altro. Tipo la disinformazione di una larga parte dell’opinione pubblica, facilmente addomesticabile e condizionabile dai peggiori media del mondo. Quelli che non possono rivolgere una critica a Sky (per citare un’azienda a caso) solo perché l’emittente satellitare inonda di pubblicità giornali e tv. In questi giorni, prendendo spunto da una discutibilissima classifica stilata dal Telegraph, quotidiano inglese, anche il Fatto Quotidiano ha cavalcato l’argomento, trascurando colpevolmente qualche nome. Ad esempio, non abbiamo visto nella lista l’icona del nulla, più conosciuta come Ilaria D’Amico. E allora, spinto da un irrefrenabile desiderio di giustizia, ho pensato di compilare una mia personalissima graduatoria dividendo gli incapaci di successo in quattro precise categorie: politica, calcio, televisione e musica.

Ovviamente, dato che l’Italia abbonda di incapaci di successo, sarà mia premura segnalare i casi più eclatanti in ciascun settore. Cominciamo dalla politica.

INCAPACI DI SUCCESSO DELLA POLITICA

Tralasciamo le macchiette come Razzi e la Santanchè, la vasta schiera di pregiudicati a piede libero, e concentriamoci sui veri disastri.

5) Maurizio Gasparri. Ha lo stesso appeal di una mosca tse tse e la competenza politica di Sandy Marton. Anzi, quest’ultimo avrebbe senz’altro scritto una legge migliore in materia di assetto del sistema radiotelevisivo.

4) Laura Boldrini. Ha sempre quell’espressione solenne da maggiordomo inglese di Buckingham Palace che distribuisce ordini perentori a sguatteri e domestiche. Simpatica come Meryl Streep nel “Il diavolo veste Prada”, è così illuminata politicamente da credere ancora alle quote rosa.

3) Angelino Alfano. Come ministro dell’Interno ha fatto molto. Per il Kazakistan. Meno carismatico di Paolo Mengoli, ha con la politica lo stesso rapporto che Bruno Pizzul intrattiene con la fotosintesi anossigenica.

2) Matteo Renzi, sinonimo di Silvio Berlusconi. L’amico di Mubarak gli ha fatto fare le ossa nelle reti Mediaset, indicandogli la strada giusta per farsi largo in Italia: spararle grosse. Evitando accuratamente di far seguire i fatti alle parole. L’allievo ha poi superato abbondantemente il maestro, non solo nelle panzane. Vedere alla voce “qualità delle persone che compongono la squadra di sgoverno”.

1) Giorgio Napolitano. Bertolt Brecht diceva “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”. Noi diciamo sventurato il Paese che si fa dettare l’agenda da un novantenne che non ha voluto dirci la verità sulla trattativa Stato-Mafia. Dopo aver addormentato due generazioni di italiani con i suoi discorsi di fine anno, l’incapace di successo numero uno continua a pontificare dal basso della sua statura morale.