Incapaci di successo (1).

Qualcuno li definisce sopravvalutati, io preferisco chiamarli incapaci di successo. Sono quei personaggi che, pur avendo meno talento di Jimmy il fenomeno, sono comunque riusciti a costruirsi un’immagine sfruttando le zone d’ombra di un Paese che ha sempre rinnegato la meritocrazia. Raccomandazioni e agganci politici aiutano a superare la linea dell’anonimato, ma non bastano a spiegare certe carriere. Probabilmente c’è dell’altro. Tipo la disinformazione di una larga parte dell’opinione pubblica, facilmente addomesticabile e condizionabile dai peggiori media del mondo. Quelli che non possono rivolgere una critica a Sky (per citare un’azienda a caso) solo perché l’emittente satellitare inonda di pubblicità giornali e tv. In questi giorni, prendendo spunto da una discutibilissima classifica stilata dal Telegraph, quotidiano inglese, anche il Fatto Quotidiano ha cavalcato l’argomento, trascurando colpevolmente qualche nome. Ad esempio, non abbiamo visto nella lista l’icona del nulla, più conosciuta come Ilaria D’Amico. E allora, spinto da un irrefrenabile desiderio di giustizia, ho pensato di compilare una mia personalissima graduatoria dividendo gli incapaci di successo in quattro precise categorie: politica, calcio, televisione e musica.

Ovviamente, dato che l’Italia abbonda di incapaci di successo, sarà mia premura segnalare i casi più eclatanti in ciascun settore. Cominciamo dalla politica.

INCAPACI DI SUCCESSO DELLA POLITICA

Tralasciamo le macchiette come Razzi e la Santanchè, la vasta schiera di pregiudicati a piede libero, e concentriamoci sui veri disastri.

5) Maurizio Gasparri. Ha lo stesso appeal di una mosca tse tse e la competenza politica di Sandy Marton. Anzi, quest’ultimo avrebbe senz’altro scritto una legge migliore in materia di assetto del sistema radiotelevisivo.

4) Laura Boldrini. Ha sempre quell’espressione solenne da maggiordomo inglese di Buckingham Palace che distribuisce ordini perentori a sguatteri e domestiche. Simpatica come Meryl Streep nel “Il diavolo veste Prada”, è così illuminata politicamente da credere ancora alle quote rosa.

3) Angelino Alfano. Come ministro dell’Interno ha fatto molto. Per il Kazakistan. Meno carismatico di Paolo Mengoli, ha con la politica lo stesso rapporto che Bruno Pizzul intrattiene con la fotosintesi anossigenica.

2) Matteo Renzi, sinonimo di Silvio Berlusconi. L’amico di Mubarak gli ha fatto fare le ossa nelle reti Mediaset, indicandogli la strada giusta per farsi largo in Italia: spararle grosse. Evitando accuratamente di far seguire i fatti alle parole. L’allievo ha poi superato abbondantemente il maestro, non solo nelle panzane. Vedere alla voce “qualità delle persone che compongono la squadra di sgoverno”.

1) Giorgio Napolitano. Bertolt Brecht diceva “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”. Noi diciamo sventurato il Paese che si fa dettare l’agenda da un novantenne che non ha voluto dirci la verità sulla trattativa Stato-Mafia. Dopo aver addormentato due generazioni di italiani con i suoi discorsi di fine anno, l’incapace di successo numero uno continua a pontificare dal basso della sua statura morale.

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