Un calcio all’ipocrisia…

palloneMi meraviglio di quelli che si sono indignati per il progetto, subito accantonato, della Superlega. Si sono stupiti anche calciatori e allenatori che percepiscono ingaggi miliardari, stipendi che hanno fatto naufragare i clubs in un mare di debiti. Si sono scandalizzati anche i giornalisti che, in questi lunghi anni, non hanno battuto ciglio di fronte all’imbarbarimento generale, spesso osannando dirigenti incapaci e finti mecenati. E’ vero: nessuno ha costretto le società a spendere soldi che non avevano. Però, se il football romantico della nostra infanzia è definitivamente sparito dai radar le colpe vanno equamente distribuite tra tutti gli addetti ai lavori. Quel calcio, Superlega o no, non tornerà più. Un calcio carico di immaginazione e gravido di sogni. Il football raccontato da “Tutto il calcio minuto per minuto”, brevi collegamenti radiofonici ed interruzioni che facevano battere forte il cuore. Il football con le maglie numerate dall’uno all’undici, le moviole educate di Sassi e Vitaletti e la voce cavernosa di Sandro Ciotti. Il football delle 3 coppe europee per antonomasia: Coppa dei Campioni, Coppa delle Coppe e Coppa Uefa. Era un calcio più democratico, non ancora assoggettato alle leggi del business e della televisione. Chi vinceva il titolo nazionale otteneva il diritto di partecipare alla competizione europea più importante, chi si aggiudicava la Coppa nazionale finiva nel tabellone della Coppa delle Coppe e le meglio piazzate in campionato guadagnavano il pass per la Coppa Uefa, molto più intrigante dell’attuale Europa League. Tutto molto lineare. Razionale. Equilibrato. Poi i mercanti sono entrati nel tempio e tutto è cambiato. Troppi quattrini. Troppe partite. Troppo isterismo. Troppa tattica, troppe chiacchiere e zero buonsenso. Per questo e altri motivi il dibattito sulla Superlega mi ha provocato nausea e noia. Mai vista e sentita tanta ipocrisia in così pochi giorni.

Le parole…

paroleOgni silenzio, se lo si sa ascoltare, contiene una nuvola densa di parole. Sono le parole che abbiamo custodito dentro lo scrigno dell’anima, per proteggerle dai miasmi del mondo. Sono tutte le parole che non abbiamo detto, parole intime e profonde, parole sospese, che rimangono incollate alla parete dei pensieri.
Parole che vorrebbero camminare sul filo invisibile dell’utopia.
Ma hanno paura di cadere nel precipizio della banalità.
Parole che hanno le ali intorpidite dallo squallore quotidiano.
Parole che, prima o poi, torneranno a volare.