Blogger per sempre

Avrei tutte le carte in regola per diventare giornalista pubblicista. Ma siccome ho fatto della coerenza una ragione di vita, preferisco rimanere un semplice blogger. I motivi che mi hanno spinto a questa decisione sono – sostanzialmente – tre.

1) Mi rifiuto di iscrivermi ad un ordine professionale voluto dal fascismo. Una casta autoreferenziale ormai totalmente succube dei poteri forti di questo sconclusionato Paese. Se l’Italia è ridotta a brandelli, la colpa è anche di chi – scientificamente e consapevolmente – ha contraffatto la Verità.

2) I giornalisti liberi ed indipendenti si contano sulle dita di una mano. Mentre i giornalisti servili o in malafede sono un vero e proprio esercito.

3) Ormai i giornalisti non sono più al servizio dei lettori. Quei pochi che ancora si ostinano a seguire l’esempio di Enzo Biagi e Indro Montanelli, non fanno carriera. Anzi, sono percepiti come una minaccia e un fastidio per la nostra finta democrazia. Il motto è: meno notizie dai e più spazio avrai. Il verbo disinformare è al primo posto nella scala dei valori. Seguono a breve distanza manipolare ed occultare.

No, non potrei mai scrivere sotto dettatura: provo troppo piacere ad essere libero. Mi fermo solo davanti al codice penale e al cattivo gusto. E, per quanto mi riguarda, nessuno potrà mai decidere chi debba o non debba scrivere. La credibilità non piove dal cielo e non deriva dall’iscrizione ad un albo professionale. La credibilità bisogna guadagnarsela sul campo. E l’unico vero giudice di quello che uno scrive (e come lo scrive) è il lettore.

8 pensieri su “Blogger per sempre

  1. Sono completamente d’accordo con te. In questi ultimi anni (forse dovrei dire decenni) la categoria dei giornalisti ha rappresentato la peggiore delle professioni operanti in Italia (e-per estrema correttezza-non solo in Italia). Le motivazioni sono ovviamente da ricercare nei proprietari delle testate. Ma se uno è davvero LIBERO, come tu sei, sceglie altro. E’ davvero un peccato…..io ricordo ancora i tempi di quegli altri giornalisti, due dei quali tu hai citato così bene.

  2. non esiste giornalismo libero, non esistono editori puri. L’editoria è nelle mani della politica, dell’industria, della finanza. Basta guardare da chi sono detenute le quote di Mondadori, Rizzoli e compagnia cantante. I piccoli editori indipendenti sono stritolati in una morsa, così come chi vuole scrivere mantenendo la propria libertà di pensiero. Ci sarà un motivo se l’Italia, nelle classifiche della libertà di informazione, sta all’80° posto……
    Non dimentichiamo, però, le responsabilità di chi legge: per la maggioranza, il bravo giornalista non è quello che scrive la verità, ma quello che scrive quello che si vuole leggere…..

  3. Credo che in qualsiasi ordine professionale ci si scontra inevitabilmente contro il muro dell’incoerenza, dell’ opportunismo e del servilismo, della disinformazione e della malafede e della falsità. Ma c’è sempre l’eccezione a questa inaccettabile regola. Ecco perchè ritengo che nel campo del giornalismo,cioè quello dell’informazione grezza e non eleborata, occorrano individui con un alto senso professionale, capaci di “gettare la realtà dei fatti in faccia al lettore” anche contro le sue pseudo certezze piuttosto che “mistificare la realtà dei fatti” con un certo qualunquismo tale da alimentare la fiamma delle infondate convinzioni del lettore stesso.
    “La credibilità bisogna guadagnarsela sul campo” . E’ da questa frase che devi partire e continuare nel tuo cammino,Renato. Per dimostrare ciò che sei,senza vincoli nè costrizioni alcune.
    Sono contento di esser venuto a conoscenza di un blogger come te (non ti definisco giornalista, perchè vedo che l’attuale classe non ti rispecchia minimamente) e di una penna libera come la tua avendo letto uno dei tuoi libri. Non avrai mai uno stuolo di “fans”, ma sarai seguito dal giusto gruppo di “lettori”: liberi,vogliosi di essere informati e di discutere e/o condividere un pensiero,comune o meno che sia. Appunto lettori,non fans. Liberi pensatori, non standardizzati adulatori.
    Un caro saluto, Renato.

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