Valentino Rossi e i veri campioni…

Nel mio Pantheon virtuale c’è posto solo per Nelson Mandela, Martin Luther King, Gandhi, Albert Sabin, Alan Turing, Tim Berners-Lee, Cristiaan Barnard, Albert Einstein, Sandro Pertini e pochissimi altri. Persone che hanno migliorato il mondo, rendendolo un po’ meno squallido.

Con questi presupposti, non posso che pretendere tanto anche dai personaggi che affollano il mondo dello sport. Perché un campione, per quanto mi riguarda, deve esse tale anche nella vita. Come l’immenso Gaetano Scirea. Come Gigi Riva, che proprio in questi giorni ha compiuto 71 anni. Come Andrès Iniesta. Come Jimmy McGrory, l’uomo che ha rinunciato alla ricchezza per amore del suo Celtic. E come Dino Zoff che, regalandomi la prefazione del mio ultimo libro, mi ha dato la gioia più grande della mia vita professionale.

Perché i veri campioni sanno distinguersi per stile, fair play e semplicità anche nella vita di tutti i giorni. Perché i veri campioni non hanno bisogno di troppe parole per manifestare il proprio carisma. Perché i veri campioni sanno vincere con classe e perdere con dignità. Perché i veri campioni rispettano le regole anche fuori dal campo. Che volete farci? E’ una questione di carattere: siccome pretendo parecchio da me stesso, mi aspetto molto anche da chi è stato gratificato da madre natura. Per questo e altri motivi non riesco a comprendere la mitizzazione di Valentino Rossi, un grande sulla pista, certo. Ma solo un furbo e arrogante mestierante nella vita di tutti i giorni. Uno che non sa vincere con classe e che accampa mille scuse quando perde. Proprio come Renzi.